ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

…ok, affermare che sembrava un Major è esagerato. Ma per le difficoltà del campo, per i cedimenti dell’ultimo giorno e, soprattutto, per la marea di gente accorsa, il paragone, pur azzardato, non è poi così fuori luogo

La prima, grande novità di questo Open, a parte il campo splendido, è stata il vedere così tanta gente per la prima volta. Non avevo mai visto tanti volti nuovi

e questa, a mio parere, è la cosa più importante. Non solo “i soliti noti”, ma tanti che andavano a seguire l’Open per la prima volta . E anche tante famiglie con le carrozzine che andavano a fare la scampagnata…

Ciò premesso, analizzando il torneo, il fattore tecnico ha un’importanza pari ai tre quarti della gara. Gli italiani sono stati fantastici nei primi tre giri, peccato il crollo finale. Francesco Molinari ha ceduto perché ha sopperito alla sua forma non eccezionale con la testa, consumando troppe energie nervose, ed è arrivato tesissimo al quarto giro. Peccato, perché ha perso un’occasione clamorosa: sarebbe bastato un 69 per vincere sul suo campo. Ma è arrivato nervoso, confermando che non è mai un vantaggio giocare in casa a meno che non giochi su un links. Su un parkland è quasi un handicap, giocare nel proprio circolo è talvolta più difficile. Matteo Manassero non so spiegarmelo: giocava benissimo e l’avevo visto bene nei giri di prova (quando l’ho seguito) e sulle prime 54 buche. Ha giocato bene – ma puttato male – nelle prime tre giornate.

Il golf però è questo. I miei complimenti a Edoardo Lipparelli e Renato Paratore. Giocare meno quattro in 72 buche a 16 anni è notevole, tenendo conto anche dei tre bogey nelle ultime buche. Lipparelli è stato bravissimo ma, da genio della matematica qual è, continuerà a studiare a Londra con la sua borsa di studio in un college legato a Stanford. Il campo era difficilissimo, più di quanto tutti si aspettassero. I green velocissimi avevano pendenze assurde e governarle dal rough alto era molto complicato. Se li mancavi, era difficile salvare il par. In più, nei par 5 erano da raggiungere obbligatoriamente in tre colpi se mancavi il fairway. I green erano un altro pianeta rispetto al 1999; tra i più veloci d’Europa, con una marea di pendenze. Perfino Matteo, che è tra i più bravi a leggerle, ha fatto molta fatica.

Nel complesso è stato un torneo bellissimo. Davvero affascinante. Il campo era molto ben preparato e di altissimo livello. Sono inoltre davvero soddisfatto del grandissimo successo di audience che abbiamo avuto: oltre 50.000 spettatori di media il sabato, un vero record per noi di Sky.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here