ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

Siamo al Golf Club Milano, c’è l’Open d’Italia e perché non svelarvi alcuni segreti provenienti direttamente dalla sala stampa? Abbiamo incontrato Nick Dye, storica voce dello European Tour, per farci raccontare la sua vita da giornalista del Tour. E noi non potevamo non condividere questa piacevole chiacchierata con tutti voi.

“Faccio questo lavoro nello European Tour da ormai 11 anni. Ho seguito tanti tornei del Tour ma ho fatto anche altro prima del golf e quando ho ricevuto la chiamata da parte dello European Tour mi sono detto: perché mai rifiutare? Durante l’anno seguiamo ovviamente tutti i tornei e normalmente arriviamo a seguirne sui 33-34, anche se certe volte ne abbiamo raggiunti persino 38. Tra questi tornei ovviamente c’è anche il The Open Championship, il Major più antico della storia del golf, ma non seguiamo nulla negli Stati Uniti.

Sappiamo chi sia Nick Dye, la sua inconfondibile voce accompagna i racconti di fine giornata in tutte le gare del Tour Europeo. C’è sempre lui in prima linea, a intervistare i grandi campioni nelle loro giornate migliori… Ma come in tutte le cose, noi spettatori vediamo solo il risultato del grande lavoro, che si nasconde dietro. Chiedergli in cosa consista era quindi d’obbligo: “Ci occupiamo sia della radio che della televisione ma abbiamo cominciato con la radio, un po’ come tutti. Raccoglievamo le notizie, i report e le interviste per le stazioni radio sparse in tutto il mondo. Le inviavamo anche alle stazioni radio della nazione a cui appartenevano i giocatori, che intervistavamo. Quindi lavoravamo molto con l’Australia, con il Sud Africa, con l’Irlanda e anche con qualche radio italiana. Ma tre anni fa abbiamo deciso di fare la stessa cosa anche con la televisione. Quindi ora abbiamo anche un cameraman che riprende le interviste e queste vengono distribuite alle reti televisive di tutto il mondo”.

Con un’esperienza così radicata all’interno del golf e del Tour, non potevamo lasciarci scappare quale fosse il suo torneo preferito e, perché no, il ricordo più bello, che il suo lavoro gli ha fatto vivere. “Ce ne sono tanti di tornei che amo. Tutti per ragioni diverse. Ma credo che l’Omega Masters di Crans Montana sia quello, che preferisco. Quest’anno purtroppo non sono andato ma mi piace molto perché all’interno del circolo non esistono barriere. Tutti, compresi gli spettatori, possono mangiare nello stesso ristorante dei professionisti, non si usano le golf cart e si va su e giù dalle alture del percorso, da dove si può godere di una vista spettacolare. Il miglior ricordo che ho? Non ne ho idea. Ma so, che la bellezza di questo lavoro è che conosci davvero tutti. Ti fai tanti ma tanti amici. Hai l’occasione di conoscere il ragazzo sconosciuto che ha appena iniziato a giocare e che nessuno conosce sul Tour ma che magari diventerà un campione. Per esempio Rory McIlroy. L’ho intervistato per la prima volta quando aveva 14 anni e giocò da Amateur a Dubai. Gli ho sempre parlato francamente e da lì abbiamo instaurato un grandissimo rapporto. Martin Kaymer, che è qui all’Open d’Italia, sbocciò nel Challenge Tour ma la prima volta che giocò davvero bene fu ad Hong Kong e fui il solo a fargli un’intervista in inglese, rappresentando i media mondiali. Da lì siamo diventati grandi amici. Non c’è un ricordo migliore, ma ci sono esperienze indimenticabili che mi hanno permesso di instaurare amicizie indissolubili con persone fantastiche”.

E in pieno clima Open ma soprattutto Ryder Cup 2022, ecco cosa pensa Dye del nostro Bel Paese ma soprattutto di ospitare proprio qui la più grande competizione del golf: “Amo molto l’Italia, ho amato molto il percorso del Golf Club Torino e di Royal Park, quando l’Open si svolse lì. Ora la settimana è appena iniziata e posso solo dire che c’è tanto tantissimo traffico, anche se l’atmosfera è fantastica. E perché no la Ryder Cup? Per troppi anni è stata confinata ai paesi anglosassoni. Poi finalmente nel 1997 crollò il muro e si spostò in Spagna. Fu grandioso. Questa competizione dovrebbe andare ovunque in Europa, quindi perché no in Italia? Ci sono i fratelli Molinari, c’è Manassero, che ha vinto sul Tour anche se ora non sta giocando molto bene ma si riprenderà. C’è anche Renato Paratore, che trovo davvero brillante e che è un grande talento. Penso che l’Italia abbia bisogno di un evento come la Ryder Cup per coinvolgere ancora più persone nel golf e per far crescere lo sport in questo paese”.

Da ultimo, Nick conosce benissimo McIlroy, lo ha visto crescere fin da quando era ancora un ragazzino. Non potevamo lasciarci scappare qualche aneddoto sul campione Irlandese e su come sia realmente fuori dal campo: “È eccezionale. Il successo non l’ha cambiato per niente, ad esclusione del fatto, che ora abbia davvero troppe cose da fare. È gentile ma allo stesso tempo non ama che gli si pongano domande sciocche, un po’ come tutti i professionisti. In passato invece avevamo più tempo, anche per le domande più strane. Ma ora è normale, deve fare così ed è sempre davvero disponibile. Il meglio però è quando è libero di staccare la spina e ci sediamo tranquilli a chiacchierare”.

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