È ora di riconoscere la straordinarietà dello swing di Phil Mickelson

di Guy Yocom

Nei 28 anni da professionista di Phil Mickelson, guru dello swing, esperti di statistica e psicologi da lettino hanno tutti cercato di spiegare le ragioni della sua genialità. È stata una battaglia persa. La paleo dieta, le lezioni di arti marziali e un gioco corto incredibile non sono tutto, e il mistero della sua carriera è chiaramente più complesso. 49 anni compiuti il 16 giugno, con 44 vittorie nel PGA Tour e cinque major, Mickelson ha ancora momenti in cui gioca come quando era al meglio. Quando a febbraio ha vinto l’AT&T Pebble Beach Pro-Am, all’improvviso non era più una figura di contorno che andava scomparendo dalla scena golfistica, ma era tornato a esserne uno dei protagonisti. È anche diventato uno dei migliori esempi di longevità nel circuito professionistico. Ultimamente, il meme “E adesso cosa farà Phil?” ha assunto un nuovo significato, spostando l’attenzione dalle sue stravaganze fuori dal campo alle incredibili potenzialità sul campo. Quali sono i motivi di questa longevità? Cosa lo ha reso grande in primo luogo? Potrebbe essere che il suo swing pieno, generalmente considerato troppo lungo, sciolto e incostante, sia un elemento fondamentale di uno stile di gioco fatto per durare, elemento che è stato sottovalutato? E c’è qualcosa che il resto di noi può imparare dallo stile di Phil? Abbiamo posto queste domande ai tre istruttori, Butch Harmon, Rick Smith e Dean Reinmuth, che complessivamente lo hanno guidato per 27 anni. Anche altri istruttori rispettati, tra cui Sean Foley e il leggendario Bob Toski, hanno dato il loro punto di vista. Ne sono emerse opinioni concordi su diversi aspetti dello swing di Phil, così come sugli aspetti intangibili della sua mentalità, del modo in cui “vede il gioco”, come dice Foley. Questi elementi hanno dato nuova linfa a Mickelson mentre continua ad avventurarsi nell’imprevedibile fase della mezza età. Abbiamo lasciato dieta e attività fisica fuori dall’equazione, dato che le abitudini di Phil in queste aree sono in costante cambiamento. Siamo interessati a quello che succede a Phil quando è sul campo da golf.

 

Lo swing: “Lungo e libero, vai a tutta potenza”

Dean Reinmuth ricorda le sue prime lezioni con Mickelson nel 1984, quando Phil era vicino al suo quattordicesimo compleanno. “Non avevo mai visto prima una flessibilità tale in uno swing”, racconta lui. “All’apice del backswing, capitava che l’asta del bastone colpisse Phil sul collo, e questo con il braccio che guida il movimento completamente disteso. Le articolazioni delle sue braccia erano così elastiche che poteva piegarle all’indietro all’altezza del gomito, come succede ad alcuni giovani ginnasti. Questo causava ovvi problemi di controllo, ma ero restio a cambiare gli elementi essenziali del movimento. I suoi colpi erano alti e lunghi, e il suo ritmo era ottimo. Quello che voi vedete oggi, io lo vedevo 35 anni fa”. Le basi di uno swing che sarebbe durato per tutta una carriera erano state poste: lungo e sciolto, a volte incostante, ma comunque un dono. Con Reinmuth vinse tre NCAA Championship, uno U.S. Amateur e nove tornei nel circuito professionistico, fino a quando le loro strade non si divisero nel 1996. Mickelson scelse di non avere un istruttore fisso fino a quando Rick Smith non firmò dal 2001 al 2006. “Nemmeno io volevo cambiare la lunghezza dello swing di Phil”, racconta Smith. “Abbiamo lavorato sul controllo, posizionando il peso del suo corpo di più sulla gamba anteriore, il che lo aiutava a ‘coprire’ di più la palla durante l’impatto. Questo ha molto aiutato il suo gioco con i ferri. Non dimentichiamo infatti che il suo swing è lungo anche con i ferri. Ma quello swing lungo, persino con il driver, è una risorsa. Gli dà il tempo di caricare il colpo all’apice del backswing, di fare una transizione fluida. Il movimento brusco che deriva da uno swing corto e da un improvviso cambio di direzione è una delle cause di infortunio per i giocatori. Lo swing lungo di Phil rispetta il corpo ed è uno dei motivi per cui gioca bene ancora oggi”. Mickelson vinse tre dei suoi cinque major sotto la guida di Smith, ma all’inizio del 2007 aveva 36 anni e cominciava a progettare più a lungo termine. Essendo un talento atletico naturale, Mickelson aveva iniziato un programma di allenamento specifico, che includeva anche le arti marziali, e abbandonò Smith per Butch Harmon. “Phil era in grado di fare una spaccata da seduto, con il petto che arrivava a toccare terra”, racconta Harmon. “Aveva una flessibilità che aveva dell’assurdo, ed era naturalmente forte. Come insegnante chiudi gli occhi e pensi, Diavolo, cosa potrei fare con un talento come quello?”. Harmon era ben consapevole dei doni di Phil a livello fisico e cercò di sfruttarli cambiando la natura di quello swing così lungo. Si studiò un backswing più ampio, con il braccio che guida più fermo e un movimento di gambe più forte, per aumentare la precisione. Bisogna ricordare che questo accadeva appena dopo le gravi difficoltà che Phil aveva avuto con il drive nel giro finale dello U.S. Open del 2006 a Winged Foot, dove riuscì a centrare solo due di 14 fairway, bloccando anche un colpo in maniera esagerata a sinistra alla buca finale, da sempre il più grande punto debole di Phil. Fece doppio bogey alla 18, perse quell’Open per un colpo e aveva un disperato bisogno di correggere lo swing per eliminare quel difetto. Phil vinse dodici tornei nel circuito professionistico, tra cui due major, con Harmon. Ma Butch ricorda un momento in cui fu evidente che Phil non era sempre d’accordo con il suo programma di allenamento. “Un giorno feci tirare Phil con il bastone parallelo al terreno, e non oltre, all’apice del backswing”, racconta lui. “Phil disse, ‘Mi piace quello che stiamo facendo, ma mi sembra che sto perdendo in distanza. So che non sarò capace di adeguarmi a questo stile’. Qualche tempo dopo Phil se ne andò, il che va bene. I giocatori spesso arrivano a un punto in cui si vogliono sentir dire cose diverse”. Oggi lo swing di Mickelson è di nuovo lungo e sciolto, la velocità del suo drive sul tee di pratica oltre le 120 miglia all’ora. Dice Bob Toski, che all’età di 92 anni è la voce più veneranda tra gli istruttori di golf: “Ho sempre detto: lungo e libero, vai a tutta potenza; corto e veloce, resti a piedi. Phil è molto bravo a lasciare che il suo swing si carichi, per poi cambiare direzione dall’apice. Non ha mai fretta. È in questo modo che puoi giocare a golf all’infinito”.

Allena le tue mani, non il tuo corpo

Il tocco di Mickelson attorno al green è leggendario, ma è il contributo delle mani al suo swing pieno che viene sempre più considerato come la chiave della sua longevità. Il modo in cui lascia andare completamente il colpo può non comunicare efficienza, ma rivela potenza e destrezza. “Ricordiamo tutti come Phil abbia usato due driver, uno adatto al fade e l’altro per il draw, quando vinse il Masters del 2006”, dice Smith. “Quando è in forma, il suo controllo della faccia del bastone ad alte velocità è incredibile”. Smith crede che tutti i giocatori possano migliorare il loro swing pieno, e la loro longevità, semplicemente concentrandosi sui movimenti delle mani invece che sulle componenti maggiori dello swing. “Le mani non soltanto controllano la faccia del bastone, ma aiutano ad allinearlo”, dice lui. “Phil ha mani abili, e riesce a farle adeguare al movimento di spalle, braccia e busto”. Come è riuscito Phil a sviluppare questa tecnica particolare? Reinmuth ricorda che insieme a un Phil adolescente facevano a gara a tirare dei flop shot, non solo con i wedge, ma con ogni bastone fino al ferro 3. “Swing grandi e pieni”, racconta Reinmuth. “È così che ha sviluppato la sensibilità e il controllo della faccia del bastone. Ciò che mi è rimasto più impresso è come le mani di Phil non diventassero mai molto callose, nemmeno dopo aver colpito così tante palle, tante che finiva per consumare i bastoni. Sapeva istintivamente tenere un’impugnatura morbida. Le sue mani sono morbide come la pelle di un guanto nuovo”. Ma che dire di quando le sue mani lo hanno abbandonato? Winged Foot non è stato un incidente isolato, dice Reinmuth: “Quando hai uno swing con angoli tanto pronunciati alla velocità di Phil, c’è sempre un prezzo da pagare in termini di affidabilità”. Smith indica il modo in cui la mano sinistra di Phil, che nell’impugnatura sta sotto, si piega durante l’impatto come conseguenza di una traiettoria e un angolo dello swing che richiedono un’azione aggressiva per allineare la faccia. “Fa parte del suo DNA, e in qualche misura questo movimento ci sarà sempre”, dice Smith.

 

Lavora sulle tue caratteristiche

Tratti non convenzionali in uno swing possono essere un punto di forza e portare un vantaggio a lungo termine, posto che lavorino in armonia con gli altri movimenti. Ne è un esempio Jim Furyk, 17 volte vincitore nel PGA Tour, incluso lo U.S. Open del 2003. Come Furyk, Phil ha molti movimenti distintivi, come lo swing lungo, il modo in cui lascia andare completamente il colpo, e il modo in cui tiene la parte inferiore del corpo rilassata. “Mi piace in particolare la rilassatezza nella parte inferiore del suo corpo”, dice Sean Foley. “Ci sono istruttori che non l’apprezzano in nessun caso, ma credo che si adatti molto bene al modo in cui fa scendere il braccio destro dominante dall’apice del backswing. C’è davvero poca torsione e stress sulla sua spina dorsale. È uno dei motivi per cui ha evitato gli infortuni”. Dice Smith: “Nei primi anni, Phil lasciava che il tallone destro si alzasse per accompagnare l’ampia torsione del corpo. Per un po’ non lo fece più, ma non sono sicuro che quello fosse il vero Phil. Adesso il suo tallone si alza di nuovo. È chiaro che non vuole opporsi a quella che è una sua tendenza naturale”. Toski ama la forza e sensibilità delle mani di Mickelson; le paragona a quelle di Byron Nelson. Come istruttore che preferisce concentrarsi sui gruppi muscolari più piccoli, Toski ammira il modo in cui Phil lascia andare pienamente il colpo, ma quella caratteristica può essere modificata: “Un po’ più di fermezza nella mano che indossa il guanto darebbe stabilità al colpo ed impedirebbe all’altra mano di prendere il controllo”, dice lui. “Mi piacerebbe anche che pensasse allo swing del suo drive come a una versione più ampia del suo swing con il ferro corto”.

L’etica del lavoro conta

Pochi sanno quanto duramente Phil lavori sul suo swing, ma dietro al bel ragazzo sudcaliforniano in infradito c’è un operaio di un’acciaieria della Pennsylvania che cerca di emergere. Harmon racconta che c’erano giorni alla sua scuola di golf fuori Las Vegas in cui Mickelson, che era un esterno, si allenava dal mattino presto fino al tardo pomeriggio per giorni. “Colpiva migliaia di palline”, racconta Harmon. “Sappiamo che Phil ama il golf, ma ci mette anche l’impegno. Gran parte del lavoro l’ha fatto lontano dal Tour, quando la gente pensava che si stesse divertendo. Ma non è così. Il suo successo se l’è guadagnato”. Reinmuth racconta di un Mickelson adolescente preoccupato all’idea di perdere gli allenamenti, sapendo che avrebbe dovuto passare una settimana sulla barca di famiglia al lago Shasta. “Phil portò con sé un bastone e fece molti tiri”, dice Reinmuth. “Quando ritornava era sempre come se non avesse perso un giorno”. Poco dopo che Mickelson si laureò all’Arizona State, uno scrittore una volta guardò nella sua sacca di bastoni spaiati. C’erano due lob wedge Ping, il tipo che usava allora, con le facce completamente lisce per le innumerevoli palle colpite. Ora che Phil si avvicina ai 50, l’esperienza e la memoria muscolare rendono questo genere di allenamento molto meno necessario.

 

A uno swing dalla gloria

Smith ama ricordare il Masters del 2012, quando Mickelson cominciò con un 74, tirando la palla ovunque. “Phil era sotto di sette colpi, e dopo il giro i giornalisti volevano sapere cos’era successo”, racconta Smith. “Phil disse, ‘In questo giro non ho colpito la palla molto bene, ma ci sono molto vicino’. Il giorno dopo Phil fece un 68, poi 66 il sabato. Quell’anno non vinse ma mancò il playoff per due colpi. Si sente sempre come se fosse sul punto di fare una prestazione incredibile. C’è molta energia in questo genere di ottimismo”. Reinmuth ricorda la prima vittoria di Mickelson nel Tour, il Northern Telecom Open del 1991, quando Phil ancora non era un professionista. “Era in vantaggio di uno, poi fece un triplo bogey alla 14 dopo aver sbagliato completamente la traiettoria del drive”, racconta Reinmuth. “Dev’essere stato traumatico, ma riusciva sempre a guardare a gravi errori come se fossero semplici sviste, nulla di cui preoccuparsi. Fece birdie a due delle ultime tre buche e vinse per un colpo”. Harmon dice che errori come l’apparentemente tragica sconfitta di Winged Foot potrebbero distruggere la carriera di alcuni giocatori. “Uno dei motivi per cui Phil è ancora un avversario pericoloso è che ha la memoria più breve di chiunque nella storia del golf”, spiega Harmon. “Ha un modo di andare avanti senza pensare più al passato che è unico. E questo vale anche fuori dal campo da golf. Quel non voler attirare l’attenzione su di sé, quelle battutacce che non lasciano mai il segno, ti mantengono giovane”. Dice Foley: “Non ho alcun dubbio che Phil vincerà dei major dopo i cinquant’anni. L’ho osservato da vicino dopo aver accompagnato i miei giocatori in almeno 60 giri. La sua forza e la sua abilità, la mobilità alla sua età, il modo in cui ama la competizione, il fatto che sia così amato dai fan che a ogni giro è come se giocasse in casa, puoi scommettere che il suo momento migliore deve ancora arrivare”.

Da “Il Mondo del Golf Today” n° 304 – agosto-settembre 2019

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