Solo nel 2012 l’Augusta National ha ammesso le prime due donne tra i suoi soci (l’ex Segretario di Stato Condoleezza Rice e la potentissima manager finanziaria Darla Moore).

Il fatto, di per sé assolutamente normale, ebbe vasta eco poiché aprì una breccia nello storico e inscalfibile tradizionalismo del Circolo più autorevole al mondo. Cosa che, dieci anni prima, non era riuscita nemmeno ai potentissimi sponsor del Masters. Nel 2003, l’attivista Martha Burk intraprese la sua battaglia per far ammettere le signore al circolo. La presidentessa del National Council of Women’s Organization, l’associazione americana che conta oltre sette milioni di iscritte, aveva addirittura messo in forse il regolare svolgimento del Masters, proprio per l’ammissione del gentil sesso ad Augusta. Dopo una fitta corrispondenza con l’allora presidente del circolo Hootie Johnson senza ottenere alcun risultato positivo, la Burk si era recata personalmente dagli amministratori delegati delle tre aziende sponsor istituzionali dell’evento: IBM, Coca Cola e Citigroup. Il risultato fu che quell’anno le tre aziende non sponsorizzarono i “Commercial” all’interno della diretta televisiva e il Masters fu, per un anno, il primo evento sportivo completamente privo di spot pubblicitari. Una guerra senza barriere, anche perché Johnson rispose che non intendeva, nel breve periodo, «accettare il “ricatto” di quella donna» e che, «se saranno accettate in un futuro delle socie, sarà per una libera decisione del Consiglio e non perché gli viene puntata contro una baionetta». Il tutto, nonostante molti soci si fossero dichiarati favorevoli all’accettazione di socie. La Burk si era anche rivolta al PGA Tour, chiedendo la sospensione del torneo come era già stato fatto, sin dal 1990, per i circoli che non accettano donne fra le iscritte (Cypress Point per l’ AT&T Pebble Beach National Pro-Am e il Butler National per l’Advil Open). Tim Finchem, l’allora Commissioner dell’ente, aveva però risposto che il torneo non era sotto la giurisdizione del Tour e quindi non avrebbe potuto esaudire la richiesta della Burk. La presidentessa non rinunciò nel perseguire i suoi scopi, inscenando una protesta vivace e movimentata davanti ai cancelli dell’Augusta National.

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