Sin dai tempi di Mao Zedong, la Cina e il golf non sono mai stati in buoni rapporti. Il vecchio statista cinese lo definì uno sport da milionari e l’amore non scoppiò mai, anzi iniziò una vera e propria guerra. La super potenza asiatica ha anche recentemente vietato ai membri del partito comunista di giocare a golf e di diventare soci nei club del paese. Ma i divieti e la messa al bando di questo sport, così tanto odiato, non sembrano esser finiti qui.
Nonostante le rassicurazioni della scorsa primavera da parte del governo cinese, pronto a un atteggiamento più morbido verso il golf, proprio ieri è stata annunciata la chiusura di ben 111 percorsi. La motivazione si cela all’interno di una nuova campagna a protezione dell’ambiente, del territorio e delle risorse d’acqua. I lavori per un nuovo percorso di 18 buche sono stati interrotti, così come sono stati cancellati i progetti per la costruzioni di 47 nuovi club.
Ma nonostante la realizzazione di nuovi campi fosse diventata illegale già a partire dal 2004, il numero degli stessi si è triplicato. Gli architetti e gli sviluppatori avevano infatti “preso il vizio” di definire i loro progetti come “parchi” o “residence familiari” per avere così l’approvazione del governo, cambiando poi le carte a lavori iniziati.
E un altro dato, che ha dell’incredibile, è la continua crescita della scuola giovanile cinese, con più di 10.000 nuovi golfisti. Insomma, quasi una carboneria golfistica, che nonostante i divieti, si è data da fare … Chissà se, vedendo questi numeri e analizzando le entrate annuali del paese grazie ai tornei organizzati sul suo territorio, il governo cambierà idea.