Augusta, 13 aprile

E adesso è obbligatorio crederci, abbandonando prudenza e scaramanzie varie.

Francesco Molinari in testa al Masters con due colpi di vantaggio è qualcosa da stropicciarsi gli occhi. Ci si chiedeva, a conclusione del suo trionfale 2018 come avrebbe potuto migliorarsi. Son bastati un paio di mesi per trovare la risposta. Che è arrivata, netta e definitiva, al termine di quest’altro impeccabile giro, di nuovo vergine di bogey (e sono 43 le buche consecutive senza errori, con un solo bogey alla 11 del giovedì), di nuovo vissuto di precisione dal tee, attacco alle bandiere, efficacia nel putt. Ci si chiedeva anche come avrebbe potuto fare a emergere dal quintetto che aveva chiuso a -7 la seconda giornata, per giunta con gente come Tiger e Schauffele appena un passo indietro. Bene: non uno dei 4 pari merito ha retto il suo ritmo. Tutti hanno perduto colpi rispetto a lui, perfino Woods che, sulle seconde, ha sferrato il suo attacco, fermandosi però a -5 finale contro il -6 di Francesco che, per inciso, ha subito migliorato il suo record sul giro ad Augusta, stabilito con il 67 di venerdì.

Finau, la rimonta

Piuttosto sono stati due giocatori un po’ attardati dopo il secondo giro a scalare posizioni. Impegnato nel suo giro con Jason Day (che gli ha reso qualcosa come 6 colpi in 18 buche), Molinari vedeva incasellarsi sugli enormi leaderbord (manuali) disseminati lungo il percorso, i numeri rossi dei birdie in serie che Toni Finau e Webb Simpson realizzavano, chiudendo entrambi con uno strepitoso 64. Finau raggiungeva addirittura la vetta ma Chicco aveva in serbo l’accelerazione. Dopo aver girato le prime 9 in 34 (-2), e aver chiuso in par la 10 e la 11, due buche delicatissime, lo strappo di 4 birdie conseecutivi fra la 12 e la 15 chiudeva virtualmente il conto di giornata. Nemmeno i soliti boati che accompagnavano tre birdie in 4 buche di Tiger potevano più intimidire. Sulla 18 Francesco si concedeva un brivido, spedendo in bunker il suo approccio. Ma la sua testa, la vera arma vincente che, a detta di tutti qui ne fa ora il favorito, non ha conosciuto inquietudine nemmeno in questa occasione. Un’uscita lunga, perfetta, recapitata a pochi centimetri dall’asta e arrivederci a domani.
C’è un uomo solo al comando, la sua maglia di giornata era rosa (beneaugurante), il suo nome lo conosciamo. Ma questa, con tutto il rispetto, non è la Cuneo-Pinerolo: è il torneo più importante e affascinante del mondo, che consegnerà al vincitore un assegno di 2 milioni e 70mila dollari. In compenso, se va avanti così, Francesco Molinari assomiglierà sempre più a Fausto Coppi. Ognuno nel suo sport, ognuno nella sua epoca, ma entrambi fuoriclasse.

Tiger e Chicco, ancora loro

Sta diventando un classico: Molinari contro Tiger. Domani saranno, con Finau, nell’ultimo team, ripetendo un duello infinito. Si strinsero per la prima volta la mano quando Francesco aveva la tuta bianca del caddie di Edoardo al Masters 2006. Tiger nemmeno sapeva che quel ragazzo timido già giocava sul Tour Europeo, dove, un mese dopo avrebbe vinto il suo primo torneo, l’Open d’Italia a Tolcinasco. Poi imparò a conoscerlo nella Ryder 2010 quando, per batterlo, dovette far ricorso a un gioco stellare. Son seguiti un pareggio nella Ryder 2012, l’exploit di Francesco a Carnoustie e il suo successivo “boom” alla Ryder parigina. Ora si ritrovano con un’insolita partenza mattutina (9.20 cioè 15.20 italiane per evitare la pioggia prevista nel pomeriggio) e Molinari potrebbe sbarrargli un’altra volta la strada verso il sospiratissimo ritorno alla vittoria in un Major. Di questo passo, Tiger comincerà a pensare a una specie di sortilegio italiano: Rocca che lo batte a Vaderrama nel ‘97; Francesco come sopra (più il Quicken Loans vinto dal nostro ai suoi danni l’anno scorso); e perfino un maldestro cameraman che gli spacca un dente a Cortina d’Ampezzo dove, un paio d’anni fa, Tiger aveva seguito l’allora fidanzata Lindsay Vonn sulle nevi della Coppa del Mondo di sci. In attesa di nuove puntate, a partire da questa, qui ad Augusta.

 

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