ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

Cari amici di Golf Today, da una Costa all’altra (e poi con qualche puntata a casa a Londra, nelle pause), qui negli Stati Uniti sono sempre “on the road”. Per fortuna le soddisfazioni non sono mancate in questa prima fase di stagione americana, anche se alla quarta gara dell’anno, a Los Angeles, è arrivato il primo taglio mancato. Il Riviera si è rivelato un osso duro per tutti, tanto è vero che Hahn, Casey e Dustin Johnson sono andati allo spareggio con -6 dopo quattro giri: roba quasi da US Open. Campo difficile, fairway stretti, green durissimi: avrete visto quanti approcci scappavano via lontano dalla bandiera. Solo il primo giorno ho avuto qualche problema sul putt (il tema di cui tutti parlano sempre). Il secondo, in realtà, sono stato tradito dal gioco lungo: cosa per me veramente insolita. Pazienza, mi rifarò.

Nella sosta in Inghilterra avevo fatto un “tagliando” sia con Denis Pugh che con Dave Stockton (mio coach per il putt): non ho dovuto stravolgere niente, solo piccole correzioni ma, a brevissimo termine, l’ho pagata un po’. Sapete anche voi cosa succede quando si va in campo subito dopo una lezione… Ma in realtà sento che sto mettendo basi solide per la stagione. A inizio anno ho cambiato qualcosa nella sacca: ho tolto il ferro 3 e ho inserito un wedge in più. Adesso ho il 52° per i colpi da circa 105 metri; il 56° da 90/92; il 60° dagli 80 metri in giù e dal bunker (specie se la sponda è alta e l’uscita corta; in alternativa uso anche il 56°).

Mentre vi scrivo mi son trasferito dalla California alla Florida, perché adesso mi aspetta una serie di tornei sulla East Coast e c’è da tener presente che, da una parte all’altra degli Stati Uniti, l’erba dei campi cambia e il gioco deve adattarsi: dopo l’erba kikuyu del Riviera, troverò soprattutto bermuda. E quando si va in rough, il rischio di un “flyer” sarà maggiore, perché ci sarà più erba tra la faccia del bastone e la palla. I green non differiscono molto, ma qui in Florida c’è da considerare il “nap”, il differente verso della rasatura dei green, assente invece in California. A questo livello, dobbiamo stare attenti a tutti i dettagli. Ho preso in affitto una casa vicino a Palm Beach, così mi ha potuto raggiungere la famiglia (e infatti mentre scrivo Tommaso fa un po’ di casino…), ed è sempre un’altra cosa tornare a casa anziché chiudersi in una stanza d’albergo. Adesso mi aspetta l’ultima “striscia” di tornei per guadagnarmi un posto al Masters. Speriamo bene.

Nel frattempo, Darren Clarke è stato scelto come Capitano di Ryder Cup. Una scelta giusta e logica, dopo la straordinaria esperienza di McGinley. I due sono diversi: Paul ha un approccio più “scientifico” basato sullo studio accuratissimo delle statistiche. Darren è più istintivo: è prevedibile che prenda qualche decisione “di pancia”, anche se… è molto dimagrito ultimamente. Ha un carattere forte, diverso. E del resto “copiare” McGinley sarebbe stato rischioso. Per me è anche una buona notizia. Darren, da vicecapitano, prese sotto la sua ala me ed Edoardo, esordienti in Galles nel 2010, e stabilimmo un ottimo rapporto. Ora sta a me, a noi fare i risultati giusti per “costringerlo” a tornare a occuparsi di noi.

Piccola nota di colore: durante il Northern Trust Open, sono andato a cena in un famoso ristorante italiano di Los Angeles. A un tavolo c’era Tony Parker, il playmaker dei San Antonio Spurs, fra l’altro ex marito di Eva Longoria. Finora ero abituato a vederlo solo in TV. Adesso, prima o poi, riuscirò ad andare a vedere qualche partita di NBA. Alla prossima, amici, e buona stagione a tutti.

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