ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

Mentre Tiger annunciava venerdì di essersi sottoposto a un terzo piccolo intervento chirurgico alla schiena, c’era chi si preparava al lancio di un libro, contenente alcune dichiarazioni bollenti che faranno senz’altro discutere. Stiamo parlando di Steve Williams, il caddie storico di Tiger Woods, che proprio ieri ha pubblicato la sua nuova autobiografia “Out of the Rough”.

Un’autobiografia, che parla più di Tiger che della propria vita. Del resto, Steve ha assistito il campione americano per 13 lunghi anni, durante i quali ha contribuito alla vittoria di ben 13 Majors. Ha cominciato a lavorare con lui nel 1999 e il successo è arrivato subito, con la conquista del PGA Championship. È stato il testimone di Tiger nel matrimonio con Elin Nordegren e oltre ai Major, ha contribuito alla conquista di 63 delle attuali 79 vittorie sul PGA Tour.

Insomma era il suo braccio destro a tutti gli effetti. Gli è stato accanto sempre, anche durante il “Sex scandal” del 2009, quando tutto il mondo venne a conoscenza dei numerosi tradimenti della Tigre nei confronti della moglie Elin. Questa volta però è lo stesso caddie a raccontare, francamente, quale fosse la sua posizione durante lo scandalo e quale fosse il suo rapporto con Tiger: un rapporto di lavoro ma anche di amicizia, conclusosi con una semplice telefonata nel 2011.

Williams, che ora lavora saltuariamente con Adam Scott, ha sempre dichiarato di non essere stato a conoscenza degli affari extra coniugali di Tiger e di essere rimasto scioccato alla scoperta della notizia.

“Solo un gruppo limitato di suoi vecchi amici aveva qualche idea su cosa stesse accadendo”, ha scritto Williams nel libro. “Io non ne sapevo nulla perché Tiger non mi ha coinvolto. Avevamo un legame e un rapporto lavorativo così forte, che non c’era modo di coinvolgermi – sapeva quali fossero i miei valori e che avrei avuto tolleranza zero nei confronti di un comportamento di quel tipo”.

Ma nonostante non fosse d’accordo sul comportamento di Tiger, precisa che “era ancora un amico e in difficoltà. Gli sarei stato comunque accanto. L’ho fatto anche se le persone nella mia città mi accusavano di essere complice, di essere un bugiardo e di spalleggiarlo, sebbene avessi dichiarato più volte di non esserne a conoscenza”.

Già, in effetti Williams chiese anche a Mark Steinberg, agente di Tiger, di realizzare un comunicato stampa in cui si affermava che non era affatto a conoscenza delle “scappatelle” del suo giocatore. L’agente ovviamente rifiutò, perché molte altre persone vicine a Woods erano nella stessa situazione di Williams.

“Non gli ho più chiesto e detto nulla. Sapevo che si sarebbe fatto sentire, quando fosse stato pronto: avvenne con una email, perché non ho mai avuto telefonate. Penso però, che Mark e i suoi collaboratori avrebbero potuto essere più comprensivi. Tutto quello che ho avuto è stato il silenzio”.

Un lungo silenzio, durato fino al 23 marzo 2010, quando Tiger finalmente lo chiamò. “Era mortificato. Si sentiva in colpa, pieno di rimorsi. Ma soprattutto era onesto e sincero. Non ero d’accordo su quello che aveva fatto, ma avevo pietà di lui perché le persone normali risolvono i problemi in casa propria. Lui lo fece davanti al mondo intero”.

Un rapporto di amore e odio, come spesso può capitare tra un giocatore ai livelli di Tiger e il suo caddie. Ciò che però dava davvero fastidio a Williams, erano certi atteggiamenti che il campione americano aveva in campo.

“Una cosa che non tolleravo era quando faceva un brutto colpo e lanciava il bastone verso la sacca, pretendendo che io andassi a raccoglierlo e lo rimettessi via. Non mi sentivo a mio agio, era come se fossi il suo schiavo. Un’altra cosa che mi dava disgusto era il modo in cui si arrabbiava “verso la buca” quando sbagliava un putt. Ma Tiger mi ascoltava sempre, avevamo un rapporto chiaro in campo. Del resto il suo obiettivo era diventare il miglior giocatore al mondo e il mio era di continuare a lavorare affinché questo potesse accadere”.

Possiamo senz’altro dire che in quei 13 anni, l’obiettivo sia davvero stato raggiunto. Resta però da chiedersi come mai un rapporto così vincente e forte, sia stato chiuso dal nulla in una giornata del 2011, con una semplice e misera telefonata.

“Il modo in cui Tiger mi ha licenziato nel 2011 è stato deludente. Me l’ha detto al telefono. Non sentirlo in un faccia a faccia mi ha dato davvero fastidio. È successo all’improvviso e in modo superficiale. Aveva appena superato il momento più difficile della sua vita e io gli ero stato accanto… Avrei meritato più considerazione. I caddie vengono sempre licenziati – Greg Norman mi licenziò nel 1989 – ma quando il rapporto si trasforma in qualcosa di più, come cioè in una amicizia, allora li sì, che lascia un segno indelebile”.

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