Augusta, 11 aprile 2019

Tante storie e un’incognita al via di questo 83esimo Masters, che sarà aperto, secondo tradizione, dai tee shot simbolici di leggende come Nicklaus e Player, reduce quest’ultimo dallo spettacolo offerto nel par 3 contest, dove ha sfiorato un paio di volte la hole in one, a 83 anni suonati e dove Francesco Molinari ha coinvolto tutta la famiglia.

Pioggia in arrivo

Cominciamo dall’incognita che quest’anno è il tempo. La festa-spettacolo sui par 3 si è svolta sotto un sole estivo ma la festa, meteorologicamente parlando, è già finita. In un periodo di grande variabilità, le previsioni annunciano nuvole e pioggia a intermittenza con peggioramento ulteriore nel week end. Il meteo sarà un fattore, inevitabilmente, perché con ogni probabilità creerà condizioni di gioco diverse nelle varie ore del giorno.

Reed e i problemi familiari

Quanto alle storie, c’è solo l’imbarazzo della scelta. La più banale è il tentativo di bis da parte del campione in carica Reed, non particolarmente brillante, però, in questo avvio di stagione. I suoi successi non lo hanno affrancato dai problemi di rapporto, pessimo, con la sua famiglia d’origine al punto che lui stesso ha manifestato il timore di veder spuntare fra il pubblico il volto (non gradito) di qualche e parente. È già successo in passato che sua moglie facesse espellere i suoceri da un torneo come persone non gradite: la frattura, a quanto pare insanabile, risale alla contrarietà dei coniugi Reed senior alla scelta matrimoniale del loro figlio.

La sfida di Rose

C’è poi la storia di Justin Rose, appena tornato sul trono di numero uno del mondo ai danni di Dustin Johnson, in un “pas de deux” che continua da mesi, vista la minima distanza di punti fra i due. Ha sfiorato già due volte la vittoria con altrettanti secondi posti (nel ‘17 perdendo al play off da Garcia) e dunque sa come si fa sotto questi pini. Per contro, ovviamente, Dustin Johnson farà di tutto per risorpassarlo. Dopo essersi dovuto ritirare l’anno scorso causa caduta dalle scale della casa affittata qui ad Augusta, nel momento di forma forse migliore di tutta la sua carriera, deve riprovarci ora. È stato ben attento a scendere i gradini ed è un inevitabile favorito.

Tiger, 22 anni dopo

La storia delle storie è Tiger, che qui ha cominciato a cambiare il golf con la sua apparizione vincente quasi da alieno nel ‘97, ripetendosi altre tre volte e ottenendo un quarto posto perfino nel 2010, dopo tre mesi di stop forzato dalla devastante crisi del suo matrimonio. Tiger ama Augusta e Augusta ama Tiger. Gli servirà però un putt ben più “caldo” di quello esibito negli ultimi tempi per riavviare la rincorsa al record dei 18 major dì Nicklaus, fermatasi a 14 ormai quasi undici anni fa.

McIlroy

C’è poi McIlroy, che sta tornando il “Roaring Rory”, cioè a ruggire, dopo un 2018 bizzarramente abulico. La sua cifra tecnica rimane talmente elevata che, se confortata da una solida tenuta mentale, lo restituisce al ruolo di numero uno, tecnicamente parlando.

Chicco, l’uomo nuovo

E Molinari? Per la prima volta è fra gli eletti e sotto i riflettori. È l’Open Champion (per non dire di tutto il resto che ha combinato da un anno in qua, proprio a partire dal dopo-Masters ‘18) e il suo nome figurerà a parte sul leaderbord, insieme a quelli di Reed e Koepka (altro cavallo di razza da tener d’occhio): è l’onore riservato solo ai Major Champion in carica. L’inizio di stagione è stato folgorante, l’adrenalina è a mille. Non ha mai giocato particolarmente bene qui, dove al massimo è arrivato 19esimo. Ma neanche a Carnoustie s’era mai trovato a suo agio.

E fermiamoci qui, per scaramanzia.

 

 

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