ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

Tutto cambia, o meglio, qualcuno vorrebbe cambiare tutto, anche le formule di gioco, i tempi, le sequenze.

Si sa, la TV la fa da padrona negli sport, in tutti gli sport.

Il Totocalcio, esperienza mistica di due generazioni, nell’incredulità dei più fu triturato nello spezzatino degli orari e delle giornate imposto dai diritti TV, così aumentati a dismisura.

Alle Olimpiadi una disciplina entra o esce dalla kermesse in ragione della quantità di pubblico televisivo che è in grado di attrarre, indipendentemente dalla tradizione e dalla certezza delle regole.

Il beach volley femminile è forse l’esempio più piacevole, soprattutto per la platea maschile; ma anche l’half pipe o il free ride sono novità divertenti. Dureranno?

Al di là dello spettacolo del momento, qualcuno ricorderà i nomi dei vincitori?

Nello snowboard a PyeongChang ha vinto l’oro un ragazzino di 17 anni, Red Gerard, che tutto sembra tranne che un olimpionico, e dichiara di non pensare a una carriera da atleta: esattamente il contrario di chi rincorre le gare e le Olimpiadi come appuntamento cruciale.

Anche nel golf si intravvede un nuovo corso. Il CEO dell’European Tour, Keith Pelley, è un intelligente manager dalle idee fantasiose come gli occhialetti che porta.

Si è formato nel mondo dei media e della comunicazione e, ovviamente, non ha particolare amore per la tradizione.

Per aumentare lo spettacolo, il Tour sta sperimentando, per esempio, la formula Super Six: 54 buche medal per qualificare 24 giocatori alla fase finale; poi match play su sei buche, cinque turni nella stessa giornata, play-off a oltranza se necessario.

Per i giocatori, una roulette russa: sei lanci di dadi o poco più.

Dal punto di vista del valore sportivo, nessuna indicazione plausibile; dal punto di vista dello spettacolo, effettivamente il confronto diretto, la rapidità di gioco e l’immediatezza del risultato, facilmente comprensibile anche al pubblico presente nonostante le copiose libagioni, hanno un notevole appeal.

A Perth ha prevalso l’indiano Kiradech Aphibarnrat, che era stato ammesso per ultimo alla fase finale, dopo un play-off a otto. In una gara “vera” è escluso dalle statistiche che il 24°, a sette colpi dal primo con 18 buche da giocare, possa vincere.

Con questa formula, accade.

La parte che mi piace sta nella rivalutazione del match-play, che diventa protagonista spettacolare, sia pure abbreviato su sole sei buche ed edulcorato dalla buca ridotta del play-off.

Lo spettacolo non ha regole e segue logiche apparentemente contraddittorie: il match-play non entrerà mai nel programma olimpico – si dice – per l’incertezza della durata, che non garba alla TV; il match-play, invece, viene imposto dalla TV stessa per vivacizzare l’unica formula professionalmente riconosciuta e capace di esprimere un valore agonistico e sportivo, ossia le 72 buche medal.

Forse la contraddizione sta nel ragionare da sportivi e non da comunicatori: ma il golf è sport o spettacolo?

Un Open è una gara, un evento o un contenuto?

Il mondo dello spettacolo spesso sfrutta, e non rispetta, le formule di un tempo; importa di più il consumo veloce, a beneficio del pubblico pagante.

A volte, lascia il segno per sempre; altre volte, l’idea evapora presto, o attecchisce solo su certi terreni molto specifici.

Personalmente, non vedo l’ora di assaporare un vero spettacolo, dall’inimitabile gusto antico: quattro giri di Masters, che è ormai dietro l’angolo.

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