ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

C’è il viaggiatore nostalgico, quello che ovunque vada rivede qualcosa del proprio luogo abituale; c’è quello entusiasta, pronto a emozionarsi per qualunque minimo segno di differenza rispetto a ciò che vede tutti i giorni.

C’è l’esploratore e c’è il tipo più disponibile a farsi guidare da informazioni esterne, senza prendere iniziative.

Questi sono i casi principali; ma i modi di viaggiare e di essere “viaggiatori” sono tantissimi, con tutti i mix possibili.

Il viaggiatore golfista li replica tutti nel nostro microcosmo (neanche tanto micro, perché il golf, ormai è confermato da vari studi in materia, è una delle ragioni primarie per cui ci si mette in viaggio).

Ma a noi interessano i diversi tipi, per provare a raccontarli.

Allora, il nostalgico esiste anche nel golf. Sarà anche favorito nel risultato, perché in ogni colpo di un campo sconosciuto questo genere di golfista sarà tranquillo ritrovando “il colpo che mi capita sempre alla 7 quando butto il drive a destra” oppure “l’attacco al green del nostro par 3 lungo”.

Vantaggi, ma anche minore divertimento.

L’entusiasta, invece, saprà distinguere le differenti erbe, il taglio dei green, il modo di segnalare la buca successiva (a questo proposito però andrebbe fatta una riforma mondiale per ottenere chiarezza inequivocabile, e non rievochiamo, per solidarietà di categoria, un noto episodio durante una gara tra giornalisti con il team leader che, tutto intero, sbaglia strada nelle ultime buche cambiando la successione prevista dal percorso).

C’è chi chiede una montagna di informazioni, non solo inutili per le sue capacità tecniche, ma eccessive anche se invece di tirare un ferro 7 si dovesse organizzare sul green lo sbarco di una navicella di ritorno dallo spazio.

Di solito, ma non è detto, questo è anche il tipo di golfista viaggiatore che, raggiunta una provincia qualsiasi del mondo, non va via finché non ha provato tutti i campi presenti.

La stessa pretesa, accompagnata però da tutt’altro comportamento in campo, lo accomuna invece al suo opposto, cioè al golfista distratto ma felice, che tira un po’ tanto per tirare e ha il solo obiettivo di completare le 18 buche e mettere un’altra tacchetta sul suo personale ruolino di marcia.

E ovviamente c’è anche il golfista che non deve chiedere mai (informazioni, intendo), e poi si innervosisce se dal parcheggio finisce nelle cucine quando cercava di comprare qualche pallina e un guanto.

A proposito di acquisti: dove possibile, il golfista viaggiatore appassionato compra la maglietta con il simbolo del campo; ma ha il suo opposto nell’altro tipo di viaggiatore da golf che porta da casa una scorta di tee e palline con cui sopravvivere due anni giocando una volta al giorno.

Ogni momento dell’anno è buono per viaggi golfistici, ma queste sono le settimane di maggiori arrivi dalle parti nostre.

Potremmo osservarli, se vengono a giocare nei nostri campi abituali. Cercare di individuare il tipo. E capire qual è il nostro modo personale di viaggiare tra campi e Paesi diversi.

Mentre sappiamo che ogni volta in cui ci avventuriamo per 18 o anche 9 buche stiamo facendo, a nostra volta, un viaggio (e magari, o per sfortuna, scopriamo ogni volta qualcosa di sconosciuto, perfino nei campi da noi più frequentati).

Compagni di viaggio si è tra golfisti, forse anche per tale comunanza a volte si sente più del solito il desiderio di raccontare qualcosa di sé.

E ogni volta che siamo lontani, a giocare, in campo facciamo un viaggio nel viaggio.

Qualcosa che assomiglia molto da vicino alla felicità.

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