ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

L’approdo a un buon 70 lordo non è più così lontano. Meno di due anni ancora e ho la certezza aritmetica di arrivarci.

Vi chiederete magari cosa sia accaduto di tanto importante, in pochi giorni, per schiudere una simile prospettiva.

Nulla. È semplicemente trascorso un po’ di tempo, sono passato a braccia levate, modello-Merckx, sotto il traguardo dell’ennesimo compleanno realizzando, improvvisamente, di essere a portata di mesi (22, per l’esattezza) da quel numero fatidico.

Trascorsi anche quelli avrò, appunto, 70 anni lordi, senza abbuoni di handicap.

È questo l’approdo sopra menzionato. Siamo seri: non avrete mica pensato che mi riferissi a uno score?

Non sarebbe cosa da Carrellanti.

Ora, questa rotta di navigazioneverso il porto della quarta età dovrebbe, per definizione, essere governata da una mente matura, in grado, grazie all’esperienza, di discernere, valutare, perfino promuovere un sereno distacco dalle cose di questo mondo.

A questo punto del cammino, i bilanci sono definitivi.

Quel che è stato è stato: ognuno sa perfettamente cosa ha fatto e cosa non è riuscito fare.

Se il bilancio è in equilibrio, subentra una ragionevole autostima che dovrebbe tenere in pace con se stessi e col mondo.

Ma poi c’è il golf che s’incarica di scombinare il puzzle faticosamente assemblato.

Nel mio caso, è mai possibile,dopo una vita non avara di gratificazioni, che l’autostima personale debba dipendere da una zolla? “Zolla” – cito dal dizionario della lingua italiana Devoto-Oli – “Pezzo compatto e non molto grande di terra che si stacca dal terreno solo quando lo si lavora”.

Il problema è che quel pezzo compatto e non molto grande di terra non c’è quando la pallina abbandona la faccia dei miei ferri.

O peggio, se c’è, è scavato prima dell’impatto, non dalla pallina in poi, sì da potersi tranquillamente rubricare a flappa.

Oppure ancora non è “compatto e non molto grande”, come da dizionario: magari è sfrangiato oppure decisamente troppo grande e scavato troppo presto, con le conseguenze che si conoscono.

Dato che tutto ciò avviene (anzi, non avviene) nonostante il prodigarsi di molti bravi maestri, le certezze di una vita vacillano.

Ne deriva un’insopprimibile tendenza all’autoflagellazione che è diventata quasi il tratto distintivo del mio stare in campo.

I miei più abituali partner di gioco ormai lo sanno: per capire la qualità di un mio colpo appena giocato, non aguzzano più la vista; piuttosto tendono le orecchie.

Se tutto tace mentre la pallina è in volo, vuol dire che la situazione è sotto controllo e il tiro ha l’aria di essere accettabile.

In caso contrario (più frequente) sgorga subito un profluvio di autoinsulti.

A quel punto loro sanno che, per vedere dove sia finita la pallina, dovranno guardare verso il bunker, verso l’acqua o verso i boschi, tralasciando di cercarla in destinazioni improbabili come il green o il centro fairway.

Perché, pur avendo sempre manifestatoottima disposizione all’apprendimento prima a scuola, poi all’Università, quindi nella professione e, non ultimo, nella vita (dove c’è sempre tanto da imparare), perché non deve riuscirmi, in tarda età, di schiacciar giù la palla, lavorare il terreno (come indica il Devoto-Oli), veder volare via una bella cotoletta verde post-impatto?

Guardare la tv non aiuta, anzi deprime. Al super rallentatore si vedono i ferri dei pro arare il terreno per molti centimetri dopo l’impatto, con le mani ben salde dietro la palla.

Il paragone è mortificante.

Palla-zolla, dunque. Questa è la mission per i 22 mesi a venire.

Rompere il terreno, schiacciare la pallina e, finalmente, smettere di insultarsi.

Una specie di rivoluzione culturale: dopo una vita da lavoratore di concetto, una senilità da lavoratore della zolla.

In fondo non è il rovesciamento dei ruoli che la cricca al potere con Mao Tse Tung imponeva agli intellettuali, trasformandoli in braccianti?

Come sempre, nulla di nuovo sotto il sole.

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