ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

Con la sua ennesima affermazione, Diana Luna ha ricordato un concetto su cui non si riflette mai abbastanza: il vero sport azzurro è quello rosa. Eppure le donne pagano ancora un pesante ritardo rispetto agli uomini. E non solo nel golf

C’è poco da fare. L’ammirazione che suscita Diana Luna è ben lungi da quella puramente legata al lato estetico. Bella e brava… Si sono sprecate badilate di inchiostro sulla prima qualità e molte meno sulla seconda. Rappresentante ideale per il golf femminile, la due volte vincitrice di questa stagione lo sarebbe anche per l’intero sport in rosa.

Quattro anni fa uscì su vari giornali italiani una campagna di promozione dello sport femminile. La foto della pubblicità ritraeva Josefa Idem assorta nel bacio più importante della sua carriera di atleta: quello alla medaglia d’oro vinta ai Giochi Olimpici di Sydney per la canoa. L’headline era “Sport femminile: povero ma bello”. L’obiettivo della campagna non era solo di far riflettere sul fatto che i soldi senza le regole non generano spettacolo o sport. L’altro scopo era quello di suscitare curiosità negli appassionati e negli spettatori, perché seguissero l’attività femminile, e di chiedere ai massimi dirigenti italiani di promuovere le discipline “rosa”, in molte delle quali gareggiano straordinarie campionesse. Lo sport femminile è in storico ritardo, sotto tanti punti di vista, rispetto al mondo maschile e non è possibile colmare (se non in anni e anni) un divario così grande; ma se è vero che sono le vittorie che contano e che portano soldi, potere, spettacolo e sponsor, allora non ci sono ragioni per non dedicare adeguate risorse ed energie allo sport femminile: povero ma, appunto, molto, molto bello.

La comprensione di questo, da parte delle federazioni nazionali e delle relative autorità di tutela, porterà ad assicurare alle donne e agli uomini parità di accesso allo statuto di “atleta di alto livello”, garantendo gli stessi diritti in termini di reddito, condizioni di supporto e allenamento, assistenza medica, accesso alle competizioni, protezione sociale e formazione professionale.

Lo sport in rosa è un movimento che si sta conquistando a fatica uno spazio e una dignità nelle pagine sportive dei quotidiani e nelle rubriche specializzate dei format tv. Per abbattere i molti pregiudizi, le donne che praticano sport devono dotarsi di infinita pazienza per fare in modo che venga compreso come dietro le campionesse non ci sia il vuoto, ma una schiera di ragazze desiderose di gareggiare in campo, in pista.

Negli ultimi anni, il rosa sta sostituendo l’azzurro come colore del successo. E molte atlete sono mogli e madri, oltre che sportive. Diana Luna, Josefa Idem, Valentina Vezzali e Fiona May hanno gareggiato e vinto anche dopo la maternità. È molto più difficile essere un’atleta donna perché è necessario fare i conti con la cultura nostrana secondo cui quando si è madri non c’è spazio per essere campionesse. Ciò che esemplifica lo stato dello sport al femminile (e del golf in particolare) sono le difficoltà nelle quali si imbattono le atlete, fra famiglia, allenamenti, organizzazione dei viaggi, ricerca degli sponsor e chi più ne ha, più ne metta. Bisogna essere “speciali” e le donne lo sono, quando si impegnano nelle loro attività. Lo sport le seleziona maggiormente (per necessità di vita), ma la realtà dimostra che sanno essere vincenti anche tra le più dure selezioni. Diana è speciale.

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