ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

È già passata qualche settimana dall’Open d’Italia ma non posso negare che un pizzico di rimpianto ogni tanto fa capolino. Intendiamoci: non è che bissare un successo da un anno all’altro sia semplice (ci son voluti dieci anni da Tolcinasco 2006 per ripetermi…).

Perciò, innanzitutto, c’è da render merito a Tyrrel Hatton che ha vinto a Monza una settimana dopo aver conquistato per il secondo anno consecutivo il Dunhill Links: una doppia impresa, quindi.

Però, è ovvio che l’ultimo giorno, sul tee della 1 i pensieri andavano lì: è inevitabile.

Poi c’è stato quel colpaccio in bosco col ferro 2 alla buca 4 (la più stretta di tutto il campo), che mi ha sorpreso molto ed è costato un bogey. A parte quello, però, è stata soprattutto quella serie di par dalla 5 alla 12 che mi ha tagliato le gambe.

Tutti noi sappiamo che a Monza devi scendere molto sotto par a ogni giro per vincere. Non puoi sperare più di tanto negli errori degli altri. Avrei avuto bisogno di qualche ferro al green in bandiera o di qualche putt lungo imbucato.

Invece, nella fase centrale del giro, non son venuti né gli uni né gli altri. Succede, purtroppo, anche se alla fine posso dire di aver onorevolmente difeso il titolo del 2016.

Adesso, a quanto pare, si prospetta il ritorno a Tolcinasco per il 2018. Per me un altro ritorno, dopo Monza, sul “luogo del delitto”.

Speriamo porti bene. Si giocherà una settimana dopo Wentworth e ci sarò, anche se questo mi costringerà a rinunciare al Memorial, il torneo di Nicklaus, che è una delle gare più prestigiose del Tour americano.

Nel frattempo mi sto “sdoppiando” fra l’European Tour, che è alle gare conclusive della stagione, e il PGA Tour che è già nell’anno nuovo.

A questo proposito, grazie al ritorno nelle zone alte della classifica mondiale, sono entrato per la prima volta fra i 16 ammessi di diritto a giocare l’Hero World Challenge alle Bahamas.

Altri due giocatori vengono indicati dallo sponsor e, come saprete, quest’anno saranno Daniel Berger e Tiger Woods che farà il suo rientro.

Fa piacere a tutti noi giocatori rivederlo in campo ma, a dir la verità, è dura essere ottimisti dopo tanto tempo e con tutto quello che ha passato.

Sarebbe bello se tornasse competitivo, perché farebbe ulteriormente lievitare l’interesse attorno al golf: ma a far previsioni prima di rivederlo all’opera (e non in un solo torneo) si rischierebbero solo figuracce.

Quanto a me, dopo le Bahamas (dove mi sto organizzando per portare anche la famiglia: non è malaccio come posto…) prevedo uno stop di 6/7 settimane, a cavallo delle feste di fine anno.

Bisogna fermarsi un po’, perché la stagione ormai è lunghissima. Fermarsi non significa oziare: lavorerò a Londra con tutta la mia squadra, che è confermata, portando avanti la preparazione che ha dato ottimi risultati.

Il potenziamento fisico mi ha consentito anche di allungarmi un po’ sul drive sia nella media sia, soprattutto, in quelle particolari occasioni in cui hai bisogno di forzare un po’ su determinate buche. E lì ho verificato che riesco a guadagnare i metri che mi servono.

Sfrutterò il periodo di pausa per cambiare qualcosa nella sacca: mi concentrerò sui wedge (oltre al pitch, ho sempre un 52° per colpi da 110 metri circa, un 56° per 95 metri e un 60° dagli 80 metri).

Come sempre noi cerchiamo di migliorare il controllo dello spin che non sia troppo né poco.

A volte basta una piccola differenza da una marca all’altra nei “grooves”, i mini-solchi sulla faccia del bastone, per dare l’effetto ricercato. Ormai non si può più lasciare niente al caso. Bisogna curare tutti i dettagli.

Ci stiamo avvicinando al 2018, che vuol dire (anche) Ryder Cup a Parigi. Ma di questo, magari, parleremo nel prossimo numero, scambiandoci gli auguri.

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