ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

C’è stato un tempo, non molto lontano, in cui niente sembrava possibile. Un tempo in cui le persone di colore non potevano entrare nei locali o sedersi sugli stessi mezzi pubblici dei ‘bianchi’. In pochi praticavano sport e in pochi avevano il coraggio di infrangere le barriere esistenti.

Il primo fu Jackie Robinson nel 1946, quando si integrò e divenne giocatore della Baseball Major League. Di lì a un anno, un altro ragazzo di colore avrebbe deciso di seguire le orme di Robinson e di cominciare a competere nei tornei di golf: Charlie Sifford. Scelse uno sport, che nel 1947 contava spettatori e giocatori esclusivamente bianchi, senza contare della tremenda regola della PGA, che voleva come partecipanti solo giocatori Caucasici di razza caucasica.

Una sfida, che Sifford decise di intraprendere e di portare avanti per il bene di tutti. Senza le sue battaglie, tanti campioni, tra i quali Tiger Woods, non si sarebbero mai potuti avvicinare al golf. Sifford, il primo Afro-americano ad ottenere la carta del PGA Tour e il primo a entrare nella World Golf Hall of Fame, iniziò ad avvicinarsi al golf nel 1930, con l’unico modo possibile per un bambino di colore del Nord Carolina: fare il caddie.

Guadagnava 60 centesimi al giorno, 50 dei quali li consegnava alla madre e 10 li teneva come risparmi per comprare dei bastoni di seconda mano. Già a 13 anni era in grado di giocare come un vero professionista. Ma gli insulti e le discriminazioni continuavano, senza lasciargli scampo. Nonostante questo, Sifford continuò a seguire l’esempio di Robinson. Combatté la sua battaglia da solo, senza una squadra a sostenerlo e circondato da soli bianchi.

Infranse ogni barriera a suon di vittorie. Trionfò nel National Negro Open cinque volte di fila, dal 1952 al 1956, allontanando i pregiudizi razziali. Nel 1960, dopo ben quattro anni, ottenne finalmente la carta del PGA Tour e nel 1961, dopo le pressioni da parte del Procuratore Generale della California, la PGA Americana cancellò la clausola “Caucasian Only”.

Continuò a vincere. Due volte sul PGA Tour, al Greater Hartford Open del 1967 e al Los Angeles Open del 1969; e una sul Champions Tour al PGA Seniors’ Championship nel 1975.

Ma, senza dubbio, la sua più grande vittoria è stata la rivoluzione, che ha portato avanti nel golf. Per questo, nel 2004 entrò nella World Golf Hall of Fame e Gary Player pronunciò queste parole durante la cerimonia: “Onoriamo questo uomo non per quello che ha conquistato sul percorso, ma per il percorso che ha deciso di intraprendere”.

E sempre per la sua rivoluzione, Sifford raggiungerà un nuovo e importante traguardo nella giornata di lunedì, quando il Presidente Barack Obama gli consegnerà la Presidential Medal of Freedom, la più importante carica civile degli Stati Uniti, inaugurata da John Fitzgerald Kennedy nel 1963.

Un campione nello sport e nella vita, considerato da Tiger Woods come il nonno che non ha mai avuto, per il quale ha avuto le seguenti parole: “Ha il mio rispetto e la mia gratitudine per tutti i sacrifici che ha compiuto, al fine di aprire le porte di questo grande sport a noi, persone di colore. Senza Charlie e gli altri pionieri che combatterono per poter giocare, non avrei mai giocato a golf”.

Grazie quindi a Sifford, che ha reso il golf ancora più sensazionale ed emozionante. Che ha contribuito a cambiare questo sport e, non da meno, ha contribuito al raggiungimento di un’integrazione, tanto desiderata quanto ritenuta inarrivabile. Del resto, come da lui stesso affermato: “Se ci provi, tutto può succedere”.

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