ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

Un riscaldamento fatto bene, con calma e tranquillità, garantisce un round giocato meglio. Molti lo sanno, pochi lo fanno

Anche se non ho letto molti libri, so che il filosofo cinese Confucio disse che “il successo è la conseguenza di una buona preparazione” e che “senza preparazione si è destinati al fallimento”. Bene: posso affermare che non molti tra i golfisti che incontro alle Pro-Am conoscono abbastanza Confucio. Rimango sempre stupito nel vedere quanti di loro si negano – magari senza rendersene nemmeno conto – la possibilità di giocare un round abbastanza decente, solo per mancanza di cura e attenzione nella preparazione del giro. I giocatori, di solito, sono convinti di poter arrivare sul tee della uno, allungare le braccia e giocare un giro sotto par. Certo, magari ci riusciranno. Ma se sottovaluta la necessità di una buona preparazione, non si creano le condizioni migliori per giocare bene.

Si inizia in club house…

Un giro va preparato bene. Con calma. In qualsiasi gara che gioco ho l’abitudine di arrivare al campo un paio d’ore prima del mio tee time. Cerco quindi di fare colazione al club, pasto che idealmente consiste in due uova in camicia su un toast bollente, seguite da un pochino di frutta. Più tardi mangerò un sandwich al burro di arachidi e marmellata e della frutta secca lungo il percorso, insieme a due banane. Se il mio tee time è vicino all’ora di pranzo, porterò in campo più cibo. Di solito, durante un giro, bevo circa tre litri d’acqua, a seconda della temperatura. Circa un’ora e mezza prima del mio tee time inizio i miei diversi esercizi di stretching. Comincio con alcuni leggeri allungamenti delle gambe, assicurandomi che le articolazioni siano sciolte con alcuni piegamenti e affondi. In seguito faccio qualche esercizio di rotazione per la parte superiore del corpo e per finire con degli esercizi di riscaldamento delle spalle. L’obiettivo è riscaldare con calma ogni parte del corpo.

…poi in campo pratica…

Poi, quando mi manca un’oretta alla partenza, mi dirigo in campo pratica, avendo comunque già fatto l’intera sessione di warm-up fisico. Ovviamente, è tutto calcolato sull’orario della giornata: se il mio tee time è davvero molto presto, per esempio alle 7 del mattino, vado a praticare solo mezz’ora prima della mia partenza. Una volta in campo pratica, la prima cosa che faccio è estrarre dalla sacca il ferro 5 e il ferro 6 e fare qualche swing impugnandoli insieme, come se avessi tra le mani un ferro particolarmente pesante: si tratta di un esercizio che scioglie bene le articolazioni. Poi comincio a colpire qualche palla con il mio lob-wedge, con il sand-iron, il ferro 9, il 7 e il 5; poi con il mio ibrido 4, il mio ibrido 3 e il 2 e con il mio legno 3; infine, con il drive. Proseguo con un po’ di approcci, colpi dal bunker e qualche putt. Per concludere, di solito, con qualche minuto sul putting green. Conosco alcuni giocatori superstiziosi che non lasciano il putting green finché non hanno imbucato tre solidi putt di fila. Io credo che si tratti di stupidaggini senza alcuna importanza. Tutto quello che cerco di fare, invece, è acquisire le giuste sensazioni sul green: se poi non ho imbucato un putt significativo da alcuna distanza, non porterò alcuna preoccupazione in campo. A livello mentale, infatti, non inizio a giocare finché non salgo sul tee della uno; perciò qualsiasi cosa accada prima di quel momento è irrilevante. La mia mente è pulita.

…e infine in campo

Mi piace arrivare sul tee circa quattro minuti prima della mia partenza, giusto in tempo per indossare un bel guanto, estrarre il mio marchino dalla sacca, mettere tre tee in tasca e prendere una Titleist. Dopodiché sono pronto ad andare. Arthur Ashe, il grande tennista che vinse a Wimbledon nel 1975, potrà avere letto Confucio o no, ma una volta disse: “Una importante chiave per il successo è la fiducia in se stessi. E un’importante chiave per la fiducia in se stessi è la preparazione”. Aveva ragione.

Mai dire mai – Spesso giovani ragazzi che vogliono diventare giocatori professionisti mi chiedono i consigli più disparati. La mia risposta è sempre la stessa: “Lavora duramente e… mai dire mai”. Ho provato sulla mia pelle quanto sia importante, specialmente agli inizi della carriera, circondarti delle persone giuste. Non stare con chi ti dice che non puoi farcela: se credi di essere abbastanza bravo e lavori duramente, puoi raggiungere qualsiasi obiettivo.

Pensa positivo – Una delle doti più importanti che un professionista deve avere è quella di saper trasformare un brutto giro in uno buono. Dopo qualche buca ti può sembrare che le cose vadano malissimo, ma devi porre fine agli errori. Come si può fare? È molto semplice: non ripeterti che le cose stanno andando male, ma pensa positivo.

Corto è bello – È bello vedere campi sede dei Major championship che non vengono costantemente allungati. L’anno scorso l’Open a Lytham è stato giocato su un campo par 70 di 6.479 e lo US Open è stato giocato all’Olimpic Club, un par 70 di 6.556 metri. Il Merion, che tra pochi giorni ospita lo US Open, misura meno di 6.400 metri. Finalmente. Adesso cambia tutto…

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here