ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

Quando è corretto  passare al professionismo?

In Italia siamo giustamente e piacevolmente influenzati dai fenomeni Manassero e Paratore. Campioni che già da molto giovani si sono imposti sui circuiti superiori diventando i “Big” del golf. 

Tuttavia, hanno modificato gli standard relativi al grande passo verso il professionismo.

Io, in parte, mi sono fatto influenzare positivamente da questo “trend” ed ho deciso di diventare Pro all’età di 19 anni dopo un anno molto positivo.

È stata una scelta giusta?

Non lo saprò mai con certezza.

A 19 anni mi sentivo  già grande e responsabile  perché finalmente potevo girare per l’Italia a bordo della mia mitica “clio”, ma in realtà ero uno sbarbato. Se lo sono ancora adesso, figuriamoci 3 anni fa ! 

A 18/20 anni ci sono tante cose su cui dovevo ancora crescere .

La prima era la crescita fisica. Il mio corpo era in continuo mutamento e lo swing si doveva adattare ad esso.

La seconda era la crescita di responsabilità. Da giovane Amateur non avevo una grossa abitudine a stare via da casa per molte settimane.  Certamente si viaggiava, ma nulla paragonato a ciò che mi avrebbe aspettato da pro. 

Non solo viaggio  moltissimo, ma spesso, anche  scomodamente. Il budget è più limitato, e la cosa su cui ho sofferto di più, è stata abituarmi a dover pagare tutto quanto. Anche se sono soldi dei miei genitori, l’atto di tirare fuori la carta di credito e strisciarla fa tutto un altro effetto. 

Tolta la questione finanziaria, è stato impegnativo dover imparare a programmarmi i viaggi da solo: prenotazione del volo, casa, macchina, valigia eccetera.

Inoltre ho dovuto far fronte, per la prima volta a diverse settimane consecutive via da casa. Partire per 6 gare di fila era entusiasmante, ma al contempo triste poiché mi allontanavo dalla famiglia, dalla fidanzata e dagli amici. Ovviamente non scappano, però sono spalle sulle quali è difficile appoggiarsi quando sei molto lontano.

Di conseguenza le mie abitudini sono cambiate insieme all’aumento dei pensieri, a volte troppi per un ragazzo.

Sono tutti meccanismi che spesso hanno influito sulle mie performance, rendendo difficile l’analisi a fronte di brutti risultati nonostante, il sostegno del mio mental coach.

Dopo diversi anni in nazionale e con molti tornei giocati  in Europa sulle spalle, a tratti ho avuto la sensazione di essere un “veterano” fino a quando non mi sono “scontrato” con la realtà.

In questi anni ho giocato soprattutto con persone  più grandi di me, e diverse, con qualità inferiori alle mie, ma nonostante ciò giocavano meglio. Inizialmente mi domandavo il perché succedesse ciò, poi ho realizzato che la qualità da sola non basta, ci vuole esperienza; e loro ne avevano da vendere! 

Non voglio mandare il messaggio che la vita da pro sia impossibile. Tutt’altro, è una sfida! Però è necessario rimanere con i piedi per terra.

La mia esperienza mi ha insegnato che per affrontare la carriera da giovane pro è necessario essere disposti a fare molta “gavetta’ . Una consapevolezza che mi sta aiutando nel processo di miglioramento e che so mi garantirà un bagaglio solido per il futuro.

Ma questa scelta ovviamente potrebbe non essere quella adatta per tutti.

Dunque, per un ragazzo che ha come sogno nel cassetto il desiderio di diventare pro, il mio consiglio spassionato è: Take your time.

Secondo me l’età perfetta per il passaggio è  23 anni. Sarai già fisicamente formato, mentalmente cresciuto e golfisticamente preparato .

Se sei in cerca di nuovi stimoli prendi la valigia e vai in un college Americano, sarà un ottimo percorso formativo nell’ottica di una futura vita da pro.

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