ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

Inutile nasconderlo: il ritorno di Tiger, di un Tiger così, è diventato quasi il fatto dell’anno, in campo golfistico, sia pure a fine stagione.

Un ritorno che assomiglia a una resurrezione, con tutto il senso miracolistico della parola: perché solo poche settimane prima di giocare (e bene) l’Hero World Challenge, Woods non era stato in grado di indicare con certezza non solo la data, ma nemmeno la reale possibilità di gareggiare ancora.

Per cui (e da qui l’uso della parola “resurrezione”) vederlo di nuovo in campo, sostanzialmente a posto in tutti i settori del gioco, perfino meno impreciso che in passato dal tee, ha dato davvero l’impressione di un mezzo miracolo.

Dopo averlo visto chiudere il torneo delle Bahamas al nono posto è venuto spontaneo rimpiangere che non ci siano, a breve, altre gare nelle quali verificarne la solidità del ritorno.

Probabilmente non lo rivedremo prima di febbraio, a Torrey Pines (campo che gli si addice molto).

È ovvio che, con tutto quello che ha passato, non si possano fare previsioni a lungo termine. In campo (dove ha fatto meglio di molti fra i migliori giocatori del mondo, compreso il n° 1 Dustin Johnson) è parso sano, libero dal dolore.

Ma, dopo quattro interventi chirurgici alla schiena, sappiamo che Tiger è sempre sul filo del rasoio. Potrebbe bastare poco, date le sollecitazioni alla colonna che lo swing impone, per accusare qualche fastidio. E questo naturalmente lo vedremo.

Per ora è stata evidentissima la magìa che il suo semplice ritorno in campo ha innescato, mandando anche in confusione una regia televisiva che, non essendo la stessa degli eventi del PGA Tour, se ne è lasciata travolgere, fino a quasi dimenticare molti dei partecipanti, compreso purtroppo il nostro Francesco Molinari che invece, al solito, ha disputato un’ottima gara.

C’è poco da fare, piaccia o no, con Tiger in campo, il Golf è un’altra cosa. È sempre stato così.

Ricordo che nel ’96 si presentò ancora da dilettante a Carnoustie per lo Scottish Open.

Era magro come un chiodo e, a completo disagio sui links e nel vento gelido di quell’anno, non passò il taglio con un +12 (ma, per inciso, vinse Woosnam con +1 e, quanto a me, con un +9 feci un bell’ottavo posto).

Tutti però parlavano di lui: aveva vinto tre US Amateur di fila e s’era capito che era un predestinato.

Ventuno anni, 14 major e 79 vittorie dopo, siamo ancora qui a parlare, e giustamente, di lui. Oltretutto mentre il Tiger “tirannico” dei primi anni da pro non era simpatico a molti suoi colleghi, il Tiger ritrovato di oggi è circondato dall’affetto dei nuovi campioni che, tutti, da Johnson a Spieth, da Thomas a Day, hanno giocato a golf ispirandosi a lui e trovano esaltante, adesso, sfidare questa specie di “zio” che è tornato fra loro. Infatti lui stesso, Woods, appare molto più sorridente e rilassato, circondato come è da questa corrente di simpatia.

Forse gli americani la chiamerebbero una “Christmas Tale”, una tipica “Storia di Natale”. Se non lo è, ci assomiglia molto.

Voglio spendere ancora due parole per Chicco che, come ho detto, ha fatto alle Bahamas un’altra grande gara, a suggello di una splendida stagione.

In telecronaca ho detto più volte che ormai è maturo per una grande vittoria.

Lo ribadisco: è proprio così. Certo, gli manca quel pizzico di cattiveria in alcuni momenti topici, quella sicurezza che fa imbucare a uno come Fowler una caterva di “one putt” nel momento decisivo alle Bahamas.

Ma sentir riportare dai telecronisti americani il giudizio di Butch Harmon, secondo il quale il miglior swing del mondo (del mondo!) è quello di Francesco, mi conferma nella mia convinzione.

Aspetto, fiducioso.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here