ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

Succede anche questo in Ryder: che un vicecapitano tre volte campione Major come Padraig Harrington s’improvvisi cameriere per il bene della squadra

Wow, che settimana quella della scorsa Ryder Cup. Ogni volta è diversa, ma Gleneagles 2014 rimarrà una delle migliori nei miei ricordi. E questo nonostante io abbia giocato solo tre match, purtroppo senza vincerne alcuno. Ma la Ryder è una gara di squadra; l’ego sparisce nel momento in cui entri nello spogliatoio all’inizio della settimana. E alla fine, l’unica cosa davvero importante è che abbiamo messo le nostre mani su quella Coppa. Per rafforzare lo spirito di gruppo, quando siamo arrivati il lunedì sera, McGinley ci ha mostrato una serie di filmati divertentissimi, che prendevano in giro ognuno di noi. C’erano delle scene di “Only Fools and Horses” (una sit-com inglese), in riferimento al fatto che io assomiglio a Rodney, uno dei personaggi, sognatore e idealista; un video di YouTube in cui un ragazzo ballava in modo stranissimo, in riferimento al balletto funky di Olazabal al Muirfield Village nel 1987; e un video esilarante di un ragazzo che assomigliava in modo incredibile a Lee Westwood! Un bagno di ironia che ha dato subito il tono giusto alla settimana. È stato un modo favoloso per rompere il ghiaccio, soprattutto per i rookie. E ci ha fatto capire che ci saremmo divertiti tantissimo. Perché quando ti diverti, giochi bene.

Una delle cose più straordinarie della settimana della Ryder Cup è data dai legami che si creano tra giocatori, legami che spesso durano tutta la vita. All’inizio, Paul mi ha detto che avrei giocato con Stephen Gallacher. Voleva che io facessi da senior pro con il rookie; una situazione che avevo vissuto solo un’altra volta, con Ross Fisher al Celtic Manor (e che non aveva funzionato). I primi due giorni della settimana ho parlato con Stevie più di quanto avessi mai fatto in 15 anni che giochiamo insieme sul Tour. Una delle prime cose che gli ho spiegato è stata che tutti i vice capitani erano lì per aiutarlo e non avrebbe dovuto sentirsi intimidito a chiedere ciò di cui aveva bisogno, fosse stato anche farsi portare un panino da Padraig Harrington: una cosa che normalmente non faresti! Durante il primo giro di pratica, a un certo punto Harrington ha urlato: “Qualcuno ha bisogno di qualcosa?”. Stevie mi ha guardato ed è scoppiato a ridere. Gli ho detto: “È il tuo momento!”. E così Stevie ha ottenuto che un tre volte campione Major gli portasse un panino. Ho anche cercato di spiegare a Stevie che il venerdì sarebbe stato molto diverso dai giorni di pratica. Da rookie, è impossibile capire quanto sarà elettrica l’atmosfera; e se non ti sei preparato mentalmente, la situazione ti può innervosire molto velocemente. Se ho un rimpianto di quella settimana, è stato che non sono riuscito ad aiutare Stevie quanto avrei dovuto: e la dimostrazione è che abbiamo perso. Che dolore. Nessuno dei due ha giocato bene.

Paul mi aveva detto che probabilmente avrei giocato quattro volte; ma quando ho visto il mio caddie Terry ancora in green dopo che McIlroy e io avevamo rimediato un pareggio il sabato mattina, ho capito che quel pomeriggio sarei stato a riposo. Ho ritenuto importante andare da Paul quel pomeriggio e abbracciarlo, per dimostrargli che non ce l’avevo con lui. Più tardi mi ha detto che quel gesto significava più di tanti pugni alzati al cielo in segno di vittoria. Il punto è che lui era il capitano; le decisioni del capitano vanno sempre rispettate. Paul è stato geniale quella settimana. Ha svolto benissimo i suoi compiti. La sua attenzione ai dettagli – con persino i pesci blu e oro, i colori della squadra europea, nell’acquario – ha fatto centro. Non è costato molto e più blu e oro vedevi nello spogliatoio meglio era, perché l’ultima cosa che avresti voluto avere sotto gli occhi erano cinquanta pesci rossi nell’acquario. Anche le immagini sulle pareti erano grandiose. C’era una foto di Justin Rose quando ha imbucato la sua bomba alla 17 di Medinah, ritoccata digitalmente per amplificarla, con onde d’urto che partivano dalle sue mani e arrivavano fino al pubblico. C’era anche una mia foto nello spogliatoio, in un momento di esultanza, con in mano un cuore e la scritta: “Europa, ti dono il mio cuore”. E c’era una foto del giovane Seve, che ti guardava dritto negli occhi, con sotto le parole: “Guardalo fisso e il messaggio sarà chiaro”. Infine, uscendo dallo spogliatoio, c’erano le famose parole di Bob Torrance: “Questi sono i giorni più felici della nostra vita”. Lo diceva spesso ai suoi giocatori, quando uscivano dal campo pratica. Era di grande ispirazione. La festa dopo la gara è stata lunga e sono andato a letto alle 4 del mattino. Ho parlato a turno con Jordan Spieth, Keegan Bradley e Jim Furyk. Jordan mi ha confidato che tutti nel suo spogliatoio avrebbero voluto giocare contro di me e che è stato un onore per lui avere questa opportunità. Ovviamente erano avviliti. Ma penso che sia stata meno dura che a Medinah, dove erano in vantaggio 10-6 il sabato sera e alla fine hanno perso: quello che successe quella domenica è stato incredibile. Ho tanti nuovi ricordi di un’altra favolosa settimana di Ryder. Non serve assicurarvi che cercherò in tutti i modi di entrare nella squadra di Hazeltine 2016…

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