ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

 

Gli Stati Uniti, guidati da Fred Couples, hanno battuto per 19-15 l’International Team, affidato all’australiano Greg Norman, e hanno conquistato per la settima volta in nove edizioni la Presidents Cup. Gli americani hanno iniziato i 12 singoli finali con un vantaggio di quattro colpi (13-9), che poi è rimasto invariato essendovi stato grande equilibrio con sei successi a testa. L’International Team ha provato a ribaltare la difficile situazione con i successi del coreano Kyung-tae Kim (1 up su Webb Simpson), del sudafricano Charl Schwartzel (2/1 su Dustin Johnson), del giapponese Ryo Ishikawa (3/2 su Bubba Watson) e dell’australiano Geoff Ogilvy (2 up su Bill Haas), ma gli statunitensi si sono portati nuovamente avanti con Hunter Mahan (5/3 sull’australiano Jason Day) e con Nick Watney (3/2 sul coreano K.J. Choi).

La compagine di Norman non ha mollato e ha tenuto l’incontro vivo con l’australiano Adam Scott (2/1 su Phil Mickelson) e con il sudafricano Retief Goosen (1 up su Matt Kuchar). Decisivi gli ultimi quattro match, tutti appannaggio degli statunitensi. E’ stato Tiger Woods a siglare il 18° punto, quello decisivo (4/3 sull’australiano Aaron Baddeley), ma è solo un dettaglio statistico nel contesto dei successi di Jim Furyk (4/3 sull’australiano Ernie Els), di David Toms (7/5 sull’australiano Robert Allenby) e di Steve Stricker (2/1 sul corean Y.E. Yang).

Quanto a Furyk, che quest’anno non ha vinto del PGA Tour dopo essersi imposto nel 2010 nella FedEx Cup, ha fatto l’ex-plein con cinque successi su altrettanti incontri, quarto giocatore nella storia della competizione a riuscire nell’impresa. Woods, che ha vinto due matches su cinque, con il punto finale ha dato ragione a Fred Couples, il quale gli aveva affidato una wild card con largo anticipo suscitando numerose polemiche. “Ho giocato bene per tutta la settimana – ha detto l’ex numero uno mondiale – ma non ho imbucato abbastanza per aver migliori risultati. Tra l’altro sul green colpivo bene la palla, che non voleva saperne di entrare in buca: ha più volte sbordato nelle prime quattro partite. Fa sentire bene cogliere il punto decisivo, ma avrei preferito che qualcuno lo avesse segnato prima”.

Tra gli statunitensi hanno portato quattro punti Mahan (quattro vittorie, una sconfitta) e tre punti Mickleson (3-1), Simpson (3-2), Toms (3-1) e Watson (3-2). Per gli Internazionali, tra i quali nessuno è rimasto imbattuto, hanno ottenuto 3,5 punti Ogilvy e Schwartzel (3 vittorie, una sconfitta, un pari per entrambi) e ne hanno siglati tre Choi e Goosen (3 vittorie, due sconfitte).

Nelle prime tre giornate gli Stati Uniti sono stati sempre in vantaggio: per 4-2 dopo i foursomes iniziali, per 7-5 al termine della seconda giornata e, come detto, per 13-9 dopo la doppia sessione della terza con cinque foursomes e altrettanti fourballs. Nel bilancio, alle sette vittorie Usa l’International Team contrappone un successo e un pari con trofeo assegnato ex-aequo. Accadde nel 2003 (anno nel quale gli incontri di match play furono portati da 32 ai 34 attuali), quando lo spareggio tra Ernie Els e Tiger Woods per l’assegnazione del titolo fu sospeso per oscurità. Non potendo i giocatori fermarsi nel giorno successivo fu presa tale decisione. L’unico rovescio subito dagli americani (1998) fece scalpore, perché il punteggio di 20,5 a 11,5 con cui si impose l’International Team, guidato da Peter Thomson proprio al Royal Melbourne, è stato il più pesante passivo subito da una squadra americana (nell’occasione affidata a Jack Nicklaus) in qualsiasi competizione a squadre professionistica e dilettantistica.

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