ST LOUIS, MO - AUGUST 09: Francesco Molinari of Italy waits to play his tee shot on the 17th hole during the first round of the 100th PGA Championship at the Bellerive Country Club on August 9, 2018 in St Louis, Missouri. (Photo by David Cannon/Getty Images)

Ai puristi del golf può non piacere. Ma il gioco di Bubba Watson, con quello swing così particolare, dimostra che si gioca anche con il cuore. Il risultato (e che risultato!) c’è. Applausi

Aprile è stato, dal punto di vista meteorologico, un mese spettacolare. Avete notato come ad Augusta splenda sempre il sole? Credo che sia un premio del Signore per l’amore e la dedizione con cui il comitato organizzatore lavora per preservare le tradizioni che hanno fatto diventare il Masters il torneo più famoso e prestigioso del mondo. Il rispetto e l’umiltà dei giocatori di fronte alla portata della sfida è evidente. Così come la paura di vincerlo e diventare immortali. Il campo è di una bellezza senza tempo, non invecchia mai. Ho sentito tante storie incredibili di amici di amici che hanno avuto la possibilità di coronare un sogno giocando sul campo del Masters. Un giorno spero capiti anche a me…

Lo sapevate che i fairway di Augusta sono rasati sempre nella stessa direzione, contraria a quella di gioco? L’ovvio intento è quello di diminuire il rotolo della pallina dal tee off, allungando le distanze del secondo tiro al green. Il grande Nicklaus ha rispettosamente precisato che lui, invece, disegna i campi rasando i fairway “a favore”, perché preferisce che la pallina “run into troubles”, “rotoli tra gli ostacoli”. E i green? I green sono incredibili. L’abilità necessaria per leggere le linee e misurare la forza dell’impatto tra la testa del putt e la pallina è una delle tantissime cose che separa il professionista dal dilettante. Ma anche una delle poche che distingue il campione dal professionista.

Sul palcoscenico di Augusta i giocatori mettono a nudo le loro emozioni, incapaci di fingere. Allora scopri qualcosa del loro gioco e della loro personalità che prima non conoscevi. Già, i giocatori… perché alla fine la storia la scrivono loro. La storia ha provato a scriverla Jordan Spieth, un ragazzino già maturo con tanto talento e nessuna paura; ci ha provato anche un ispiratissimo Miguel Angel Jimenez, dimostrando che per vincere l’età non conta, se ti senti giovane dentro e fai le cose seriamente e senza prenderti troppo sul serio.

Alla fine ha vinto Bubba Watson. Con il suo personalissimo ed efficacissimo swing; con quei piedi che si muovono più di quelli di un ballerino; con lo sguardo sempre così ansioso, mentre segue il volo della pallina come per cercare di controllarla con la forza del pensiero. Per vincere, basta il talento. Per vincere di nuovo, ci vuole il carattere; perché non c’è efficacia senza disciplina e non c’è disciplina senza carattere. Non solo: il gioco di Bubba dimostra che la conoscenza delle tecniche dello swing è importante; ma che la fantasia e l’immaginazione lo sono di più, perché non hanno limiti. So anche perché tiene sempre l’ultimo bottone della maglietta sempre allacciato, …ma non lo posso scrivere. Le lacrime di Bubba dimostrano che dietro la freddezza e l’equilibrio necessari per giocare un Masters ci sono le emozioni forti di un uomo come noi, che si commuove e piange mentre abbraccia moglie e figlio dopo la vittoria e pensa al padre muratore, scomparso due anni prima e al quale deve la passione per il golf. Bravo, Bubba: hai vinto con merito e sei nella leggenda.

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